La missione del discepolo e la gioia del nostro nome in cielo
A partire da questa domenica riprendiamo la lettura continua del Vangelo di Luca (10,1-12.17-20). “In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi” (v 1). Gesù prende l’iniziativa di scegliere e inviare un numero preciso di discepoli per una missione. La cifra settantadue rimanda al numero dei popoli discendenti dai figli di Noè (cfr Gen 10,1-32) e alla totalità delle nazioni, ritenute dal pensiero giudaico al tempo di Gesù, sparse sulla terra. Questo numero assume un valore simbolico: nessun popolo, nessuna nazione sono esclusi dall’annuncio di salvezza che è universale. I discepoli sono inviati non in modo solitario ma insieme “a due a due” affinché la loro testimonianza, fondata sulla parola di due testimoni (cfr Dt 19,15), risulti credibile e affidabile, sia garanzia della presenza di Gesù, espressione di comunione e di fraternità, di solidarietà e aiuto reciproco. In tal modo la missione è messa al riparo dall’autoreferenzialità e dell’egocentrismo, dall’individualismo e dalla vanagloria che tende ad escludere gli altri per far mostra di sé. I discepoli poi sono inviati come precursori di Gesù. Lo precedono nel suo itinerario e soprattutto nel suo cammino verso Gerusalemme (cfr Lc 9,51) a significare che la loro missione è in rapporto alla sua passione, morte e risurrezione. Poi Gesù dice: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!” (v. 2). Oggi come allora: grande è il campo, pochi i discepoli. Gesù va oltre il dato che rileva con l’invito a non cercare prima di tutto soluzioni umane, come spesso si rischia di fare oggi, ma pregando e implorando dal Padre “operai” per il suo campo che è il mondo. Questo vuol dire pregare per le vocazioni sacerdotali e pregare perché ogni cristiano diventi operaio nella messe del Signore. I discepoli poi sono inviati “come agnelli in mezzo a lupi” (v 3) a indicare che non mancheranno difficoltà e rifiuti, disprezzo e cattiverie ma difronte a queste sfide l’atteggiamento resta sempre quello della mitezza e dell’umiltà che accetta l’annientamento per qualcosa di più grande come lo è stato per il Crocifisso. Gesù poi dà istruzioni precise sulle caratteristiche della missione. “Non portate borsa né sacca, né sandali…; dite: Pace a questa casa!…; Restate in quella casa… Non passate da una casa all’altra; guarite i malati e dite loro: è vicino a voi il Regno di Dio; e, se non vi accolgono, uscite sulle piazze e congedatevi” (cfr vv. 2-10). Questi imperativi mostrano che la missione è sempre in movimento; richiede distacco e povertà; porta pace e guarigione, segni della vicinanza del Regno di Dio; annuncio e testimonianza; franchezza e libertà evangelica di andarsene evidenziando la responsabilità di aver respinto il messaggio della salvezza, ma senza condanne e maledizioni. “I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome” (v 17). I discepoli hanno sperimentato l’efficacia del Vangelo che realizza un mondo nuovo, libero dalla schiavitù del demonio e Gesù lo conferma: “Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore” (v 18). Non possiamo negare la presenza del male nel mondo e intorno a noi. Anche nel nostro cuore possiamo scoprire sentimenti di invidia e rancore, di odio e cattiveria. “Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi” (v 19). Gesù ci rassicura, ci ha fatto un grande dono: possiamo anche essere in mezzo al male ma non ne saremo vittime, possiamo lottare ogni giorno con esso ma nulla ci potrà nuocere. “Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli” (v 20). È l’invito non alla gioia effimera dei successi ma a quella più profonda e indistruttibile che nasce dal nostro nome scritto in cielo cioè dall’essere già stati salvati da Gesù.